venerdì 3 gennaio 2020

Presepe 2019

PRESEPE VIVENTE 

2019/20: Ventisettesimo anno del PRESEPE VIVENTE 
Valle Lavatoio (Pimonte), alle pendici della collina di Pino

Lungo questo antichissimo percorso, sul sentiero che da millenni collega Gragnano a Pimonte, ad Agerola e quindi ad Amalfi, vissero i nostri antenati.
Sappiamo degli Osci (2-3000 anni fa), dei Picentini, dei Sanniti, degli Etruschi … poi dei Greci e dei Romani … uno dei due valichi (con quello di Chiunzi) per superare i Monti e raggiungere Amalfi ... per secoli territorio della gloriosa Repubblica Amalfitana ... luoghi pregni di storia (Silla che “delevit Stabia” ... Guerra Gotica ...) e di ossigeno (Foresta e Macchia mediterranea, piante terapeutiche, acque e ruscelli ... farmacia naturale per i Medici della Scuola Salernitana e per la tradizione popolare ...) ... terra di falchi, di gheppi e poiane ... sentieri da “irredentisti” ... terra di LAVORO, castagni, querce, streghe e 'ncarmatori … terra di monti … “Lattari” …

giovedì 27 dicembre 2018

PRESEPE VIVENTE 2018

 Valle Lavatorio

Durante la rappresentazione del Presepe sono evocate alcune antiche "Maleperole" ... ne chiarisco alcune (alla lettera C del vocabolario Pimontese-Italiano)
Cacacauzune, Cacacauzone: timoroso (1700), vigliacco, vile.
Cacacazzo e Cacambrello: rompiscatole.
Cacafaggioli, chahafagioli: così erano detti dispregiativamente i Fiorentini … e cacafoglie i napoletani, un tempo ghiotti di verdura.


Cacamagna, cacamaglia: carcere per la feccia del popolo, dove si mangia e si evacua. O dove si è torturati dalle guardie sino a cacare maglia, denaro (caca-maglia).
Cacapanelle: persona vile. Il Galiani intende con tal parola anche un mascalzone che non può evacuare altro se non il pane che soltanto mangia.
Cacapenziere: equivale a scacciapensieri (il marranzano, o trumba), fannullone, spensierato.
Cacapericule: spericolato.
Caca pezzolle: stracciona. Le pezzolle sono gli stracci. Nel Sarnelli il termine semmenapezzolle.
Caca-zibetto, caca-zebetto, cacaposema, cacazeremonie, cacatallune, caca-trònola, cacapozillo.
Cacarone: timido, vile, persona da nulla.
Ma primmo vò chella saetta franca de Pannaro trovà pe la baruffa, non pecchè a isso spirito lle manca, ca maie de cacarone ha dato muffa (Giancola Sitillo, Eneide in napoletano).
Cacasella: esperto cavalcatore. Croce traduce: consuma-selle; in
 


Cacasèntera: lombrico, Lumbricus terrestris.
Cacasicco: stitico, cioè taccagno, avaro.
Cacasotto: fifone, chi ha timore di osare.
Cacatronela, cacatronola: volgarmente rumorosa … indica la donnaccola becera, sfrontata, scostumata che non si fa scrupolo di “fare trombetta” del proprio posteriore
Ciantella, cierne–pedeta! Masella, cacatronole! Guattara, scola–vallane! Scanfarda, piscia–pettole! Schiatta, crepanta, sfonnola! Abbotta, e fà la guallara! Nasella, scanfarda, piscia–pettole, lejestra, jenimma de vordiello, maddamma poco–fila, cacciannante, pedetara, ecc. ecc.
Cacaturo: gabinetto.
Cacaturze: vile, timoroso, pavido.
Cacavesse: diarree, paure. Etimologicamente da cacare e vessa (emettere loffa, peto).

'o Cacavo é invece il Theobròma cacào. Dall’azteco cacahuatl.
Cacavrache: vigliacco.
Nce sara no potrone vota facce, No iodio caca vrache, na gallina, No poveriello d’armo, Core de pollecino, Sorriesseto, atterruto, Agghiajato, schiantuso, Che tremma comm’a junco, Sempre fila sottile, Sempre ha la vermenara, Lo filatorio ncuorpo, E le face paura l’ombra soja; S’uno lo mira stuorto, Fa na quatra de vierme; Si n’antro l’ammenaccia, tu lo vide Comm’a quaglia pelata; Deventa muorto e spalleto. Le manca la parola, E subeto le veneno li curze, Si chillo caccia mano, assarpa, e sbigna! … (G. Basile, egroca La Tenta).
Cacazecchini o Cacamaglia: le carceri. Perché i carcerieri, abusando malvagiamente del loro potere, spillavano continuamente denari ai poveri e maltrattati carcerati (maglia fu il nome di una moneta, quindi maglia sta per zecchini). Si dice anche Cacamagna, perché in carcere si è ridotti a mangiare ed evacuare.
Cacazibbetto o cacazibbette: milordino.


Lungo il percorso tanti pozzi ... Pozzi e sorgenti erano considerati sacri dalle popolazioni germaniche, si riteneva l'acqua dimora di divinità o comunque un dono degli dei; era usanza presso i popoli del Nord gettarvi armi e armature dei nemici sconfitti.
L'Acqua, il fiume, il tempo che scorre, il liquido amniotico … la morte e la resurrezione … la rigenerazione … la vita, il Pozzo è il collegamento tra la superficie e le acque sotterranee; ma anche col cielo, nel pozzo cadde la stella cometa al termine del viaggio dei re Magi … così ha origine la leggenda del pozzo dei desideri.
La gente credeva che, in cambio di un'offerta, lo spirito abitante del pozzo avrebbe garantito il realizzarsi di un desiderio … ed è importante notare che la presenza delle monete, generalmente fatte in rame o argento, produceva una reazione chimica che impediva all'acqua di diventare acida (ad esempio bloccando le emissioni di sostanze quali l'acido solfidrico da parte dei batteri).



IL POZZO DEL MUNACIELLO ... e nei pressi di questo ho notato tante persone soffermarsi un po' più a lungo ... quasi attratte da una sensazione di MAGIA ... Si racconta che questo fosse il pozzo preferito dal piccolo Spiritello, a questa fonte veniva ad abbeverarsi all’alba, dopo il lungo peregrinare tra case e boschi nelle notti malinconiche della sua vita ...da questo pozzo, attraverso cunicoli sotterranei, solo a lui conosciuti, poteva (O può ...) .raggiungere ogni luogo ...
Matilde Serao (Leggende napoletane, 1881) racconta la storia, probabilmente in origine reale, di questo sfortunato e bizzarro personaggio



Questa qui è la cronaca. Ma nulla è finito - soggiungo io, oscuro commentatore moderno - con la morte del munaciello. Anzi, tutto è cominciato. La borghesia che vive nelle strade strette e buie o malinconicamente larghe e senza orizzonte, che ignora l'alba, che ignora il tramonto, che ignora il mare, che non sa nulla del cielo, nulla della poesia, nulla dell'arte; questa borghesia che non conosce che sé stessa, quadrata, piatta, scialba, grassa, pesante, gonfia di vanità, gonfia di nullagine; questa borghesia che non ha, non puo avere, non avrà mai il dono celeste della fantasia, ha il suo folletto. 

Non è lo gnomo che danza sull'erba molle dei prati, non è lo spiritello che canta sulla riva del fiume; è il maligno folletto delle vecchie case di Napoli, è lu munaciello. Non abita i quartieri aristocratici di Chiaia, di S. Ferdinando, del Chiatamone, di Toledo, non abita i quartieri nuovi di Mergellina, del rione Amedeo, di via SaIvator Rosa, di Capodimonte: la parte ariosa, luminosa e linda della città, non gli appartiene. Ma per i vicoli che da Toledo portano giù, per le tetre vie dei Tribunali e della Sapienza, per la triste strada di Foria, per i quartieri cupi e bassi di Vicaria, di Mercato, di Porto e di Pendino, il folletto borghese estende l'incontrastato suo regno.
Dove è stato vivo, s'aggira come spirito; dove è apparso il suo corpo piccino, la testa grossa, la faccia pallida, i grandi occhi lucenti, la tonacella nera, la pazienza di lana bianca ed il cappuccetto nero, lì ricompare, nella medesima parvenza, pel terrore delle donne, dei fanciulli e degli uomini. Dove lo hanno fatto soffrire, anima sconosciuta e forse grande in un corpo rattrappito, debole e malaticcio, là egli ritorna, spirito malizioso e maligno, nel desiderio di una lunga ed insaziabile vendetta. Egli si vendica epicamente, tormentando coloro che lo hanno tormentato. 

Chiedete ad un vecchio, ad una fanciulla, ad una madre, ad un uomo, ad un bambino, se veramente questo munaciello esiste e scorazza per le case e vi faranno un brutto volto, come lo farebbero a chi offende la fede. Se volete udirne delle storie, ne udrete; se volete averne dei documenti autentici, ne avrete. Di tutto è capace il munaciello ...

 
Quando la buona massaia trova la porta della dispensa spalancata, la vescica dello strutto sfondata, il vaso dell'olio riverso e il prosciutto addentato dal gatto, è senza dubbio la malizia del munaciello, che ha schiusa quella porta e cagionato il disastro. Quando alla serva sbadata cade di mano il vassoio ed i bicchieri vanno in mille pezzi, colui che l'ha fatta incespicare, è proprio lui, lo spiritello impertinente; è lui che urta il gomito della fanciulla borghese, che lavora all'uncinetto e le fa pungere il dito; è lui che fa traboccare il brodo dalla pentola ed il caffè dalla cogoma; è lui che fa inacidire il vino nelle bottiglie; è lui che dà la iettatura alle galline, che ammiseriscono e muoiono; è lui che spianta il prezzemolo, fa ingiallire la maggiorana e rosicchia le radici del basilico. Se la vendita in bottega va male, se il superiore all'uffizio fa una rimenata, se un matrimonio stabilito si disfa, se uno zio ricco muore, lasciando alla parrocchia, se al lotto vien fuori 34, 62, 87 invece di 35, 61, 88 è la mano diabolica del folletto, che ha preparato queste sventure grandi e piccole.
 

Quando il bambino grida, piange, non vuole andare a scuola, scalpita, corre, salta sui mobili, rompe i vetri e si graffia le ginocchia, è il munaciello che gli mette i diavoli in corpo; quando la fanciulla diventa pallida e rossa senza ragione, s'immalinconisce, sorride guardando le stelle, sospira guardando la luna, e piange nelle tranquille notti di autunno, è il munaciello che le guasta così la vita; quando il giovanotto compra cravatte irresistibili, mette il profumo nel fazzoletto, e si fa arricciare i capelli, rincasa a tarda notte, col volto pallido e stanco, gli occhi pieni di visioni, l'aspetto trasognato, è il munaciello che turba la sua esistenza; quando la moglie fedele si ferma, a guardar troppo il profilo aquilino ed i mustacchi biondi del primo commesso di suo marito e nelle fredde notti invernali, veglia, con gli occhi aperti nel vuoto e le labbra che invano tentano mormorare la salvatrice Avemmaria, è il munaciello che la tenta, è il diavolo che ha preso la forma del munaciello; è il diavoletto che dà al marito il vago desiderio di dare un pizzicotto alla serva Maria Francesca; è il folletto che fa cadere in convulsioni le zitellone isteriche. È il munaciello che scombussola la casa, disordina i mobili, turba i cuori, scompiglia le menti, empiendole di paura. E lui, lo spirito tormentato e tormentatore, che porta il tumulto nella sua tonacella nera, la rovina nel suo cappuccetto nero.
 

Ma la cronaca vendica lo dice, o buon lettore: quando il munaciello portava il cappuccetto rosso, la sua venuta era di buon augurio. È per questa sua strana mescolanza di bene e di male, di cattiveria e di bontà, che il munaciello è rispettato, temuto ed amato. È per questo che le fanciulle innamorate si mettono sotto la sua protezione, perché non venga scoperto il gentile segreto; è per questo che le zitellone lo invocano a mezzanotte, fuori il balcone, per nove giorni, perché mandi loro il marito, che si fa tanto aspettare; è per questo che il disperato giuocatore di lotto gli fa lo scongiuro tre volte, per averne i numeri sicuri; è per questo che i bambini gli parlano, dicendogli di portar loro i dolci ed i balocchi che desiderano. La casa dove il munaciello è apparso, è guardata con diffidenza, ma non senza soddisfazione; la persona che, allucinata, ha visto il folletto, è guardata compassionevolmente, ma non senza invidia. Ma colei che lo ha visto - apparisce, per lo più, a fanciulle ed a bimbi - tiene per sé il prezioso segreto, forse apportatore di fortuna. Infine il folletto della leggenda, rassomiglia al munaciello della cronaca napoletana: è, vale a dire, un'anima ignota, grande e sofferente in un corpo bizzarramente piccolo, in un abito stramente simbolico; un'anima umana, dolente e rabbiosa; un'anima che ha pianto e fa piangere; che ha sorriso e fa sorridere; un bimbo che gli uomini hanno torturato ed ucciso come un uomo; un folletto che tormenta gli uomini come un bambino capriccioso, e li carezza, e li consola, come un bambino ingenuo ed innocente.
 


A Castellammare di Stabia gli è stata intitolata una strada, «via Monaciello», a Scanzano, poiché si dice che in tale luogo, fino agli anni cinquanta, col giungere delle tenebre, appariva il munaciello, che “paliava” il malcapitato di passaggio.
Si suol mostrare in abito ecclesiastico con zucchetto; e beato chi può strapparglielo, è la fonte d'una fortuna, ch'era follia sperare.


Andrea Gosso


giovedì 4 gennaio 2018

Presepe vivente 2017 (Pimonte - NA - Valle Lavatoio - Frazione Franche

Presepe vivente 2017
Da Wikipedia.
Il presepe vivente (o presepio vivente) è una tradizione cristiana consistente in una breve rappresentazione teatrale che ha lo scopo di rappresentare, con l'impiego di figuranti umani, la nascita di Gesù in una scenografia che viene costruita per ambientare la vicenda della natività.
Il primo presepe vivente della storia fu opera di San Francesco d'Assisi, nel borgo di Greccio, presso Rieti,  nel 1233. 

Da allora, la tradizione si diffuse nel resto d'Italia e negli altri Paesi cristiani. Oggi, i presepi viventi sono organizzati pressoché in tutto il mondo occidentale cristiano, non solo cattolico, ma anche da parte di fedeli di altre Chiese. Il periodo in cui vengono svolti è quello delle festività natalizie.
Ad organizzare i presepi viventi sono, per lo più, intere città,frazioni (o loro quartieri) e i figuranti sono solitamente loro abitanti.
L'ambientazione non è necessariamente quella dell'epoca della nascita di Cristo, ma, spesso, il presepe vivente costituisce l'occasione per mostrare antichi mestieri del luogo ormai in via di scomparsa

Questa XXV edizione del Presepe Vivente (Dr. A. Grosso)
Pimonte nella Valle Lavatoio è occasione per condividere alcuni frammenti della ricca storia di questi luoghi ... oggi voglio ricordare una famiglia importante che abitava Pino, la collinetta che dalla valle si  raggiunge in breve tempo ... Paride del Pozzo (dal Pozzo, de Puteo, Aputeo, de Puzzo, Apuzzo),.
Paris de Puteo, nato da Carlo (Carletto) e da Agnese, nacque nel 1411 (o 1413, su Wikipedia 1410) a Pimonte, nel ducato di Amalfi, come afferma il Giannone, morì nel 1493 a Napoli, sepolto nella chiesa di Sant’Agostino.Altri autori (Gaetano Martucci, 1786) ritenendolo morto ad ottanta anni lo vogliono nato nel 1413, l’anno dopo il trasferimento della famiglia da Pimonte a Castellammare di Stabia). 
Il Camera, citando un documento del  1314 colloca la famiglia in Pimonte già nei primi anni del Trecento. Carletto de Puteo, magistrato ai tempi di re Ladislao I di Napoli, detto il Magnanimo, o Ladislao di Durazzo (Napoli, 11 luglio 1376 – Napoli, 6 agosto 1414), che lo onorò della cittadinanza di Castellamare di Stabia, si trasferì da Pimonte in Castellammare nel 1412.
Candida Gonzaga li ritiene presenti nel Napoletano ed in Sicilia, dal sec. XIV, discendenti da una potente famiglia lombardo-piemontese. Sembra che la famiglia di Paride avesse origine longobarda e provenisse da Alessandria della Paglia (ducato di Milano, come attesta il patrizio Giulio Claro di quella stessa Città il quale nel citare il nostro autore afferma: e patria mea sin oriundur).

lunedì 2 gennaio 2017

PRESEPE 2023

2023: Trentesimo anno del PRESEPE VIVENTE Valle Lavatoio (Pimonte), alle pendici della collina di Pino, tra i Monti Sireniani. Si sedes non ...